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La Bruna, il carro, lo "Strazzo". Il giorno più lungo di Matera.

Lo “strazzo” è stato fatto. La 624° festa di SS. Maria della Bruna può essere definitivamente archiviata. La santa deve ben riposarsi per un anno intero adesso. Il giorno più lungo per la città di Matera, il 2 Luglio, è finito. Ognuno ne trarrà, in questi giorni, le proprie impressioni. Le discussioni sui singoli momenti della festa si sprecheranno per le prossime settimane, animando i caffè, le piazze.
Il carro della Bruna (2013)
È una festa strana la Madonna della Bruna. A volte sembra un’attesa estenuante. Ore e ore fermi ad aspettare sempre qualcosa. Poi, improvvisamente, tutti iniziano a correre o a camminare velocemente. Succede qualcosa. Oppure ci si lascia suggestionare dalla massa. Forse non c’era nulla per cui valesse la pena andare veloci, forse un gruppetto di persone andavano semplicemente di fretta per conto loro, ma, come un effetto domino, decine di altre persone ne vengono influenzate.
Vi sono momenti topici che non dovrebbero mai sfuggire durante questa festa. Io me ne fa ne faccio sfuggire tanti. Mi giustifico dicendomi, e dicendo ai miei amici, che non sono materano. Non sento ancora davvero questa festa. Non posso tradire così facilmente la mia Santuzza Rosalia, il mio Festino.

La festa della Bruna è cadenzata da pochi ma importanti momenti. Tutto inizia la mattina presto. Troppo presto per molti. Alle cinque del mattino la processione dei pastori. Portano il quadro della Madonna in giro per la città. È forse il vero legame tra una tradizione contadina, pagana, e la festa religiosa. Inutile addentrarsi in questioni così difficili da districare. Non importa da quale ancestrale rito derivi tutto ciò. Se mai ne dovessimo scoprire la vera origine non cambierebbe nulla. La prima parte della giornata si conclude con la sfilata dei cavalieri.
sfilata dei cavalieri (2008)
Suoni di trombe. Applausi. Il passaggio della statua della Madonna. Verrà portata alla chiesa di Piccianello. Da qui, il pomeriggio riprende tutto. La statua inizia il suo cammino a ritroso da questa brutta chiesa, la cui facciata somiglia più ad un casermone. Tutto è concentrato in questo quartiere alla periferia del centro, un quartiere popolare, antico (qui era tutta campagna, poche case e la vecchia chiesa). Un quartiere che se ne sta sornione e silenzioso per tutto l’anno. Sa che non può mettersi a paragone con il centro della movida materana, sa che non possiede la bellezza dei Sassi. Ma sa altrettanto bene che per pochi giorni all’anno è al centro dell’attenzione di tutta la città, e ciò ripaga i 360 giorni di oblio e si solitudine.  
Ora inizia davvero l’attesa estenuante. Poggiata delicatamente la statua sul carro, inizia la vera processione. Non è più importante la statua. Ci si dimentica quasi della Madonna. L’unico vero protagonista è il carro. Il carro trionfale rigurgitante statue in cartapesta. Il carro che deve essere distrutto. Tutto procede lentamente. I cavalli e i loro cavalieri precedono tutto il corteo. Loro proteggono il carro, simbolicamente. I veri protettori arrivano dopo. Non cavalli, ma caschi e manganelli. Poliziotti, carabinieri, finanzieri, forestali, vigili urbani, vigili del fuoco. Ci sono quasi tutti. Certo, fa sorridere un po’ pensare che questo variegato assembramento di forze dell’ordine stiano a guardia di un carro in cartapesta. Passa la schiera dei politici, dei prelati e, infine, il carro.
gruppo di poliziotti a protezione del carro
Lungo la strada, le persone sono assiepate al di là delle transenne di protezione. I più anziani si sono portati le sedie da casa. Come si faceva una volta, come si è sempre fatto.
Il carro si ferma moltissime volte. Si ferma per farsi ammirare. Forse per dar tregua ai muli che lo tirano, o semplicemente perché deve andare così. L’attesa è importante in questa festa. Tutti aspettano il gran finale: lo “strazzo” del carro in piazza Vittorio Veneto. Non importa nient’altro.
La piazza centrale è in fibrillazione. Migliaia di persone ammassate. Tutto rischiarato a giorno dalle luminarie. Transenne pesanti e pericolose proteggono il percorso del carro. Gli assalitori – gli “strazzatori” – stanno aggrappati alle transenne da ore, alcuni si arrampicano
quartiere Piccianello: in attesa del Carro
scimmiescamente ai pali delle luminarie. La piazza scalpita, fischia, applaude. Si lamenta della lentezza del carro. Tutto ciò fa parte della festa. Ascolto vari commenti. Alcuni sostengono che quest’anno ci sono meno persone, altri dicono che non si era mai vista tanta gente. Qualcuno si lamenta dei poliziotti, personaggi ormai integrati nella festa. Altri li difendono, in fondo fanno il loro lavoro; perché se stanno qui, è colpa dei materani che non hanno saputo negli anni passati autogestirsi. Forse è vero che, nel corso degli anni, per via di una sempre maggiore sicurezza, la popolazione sembra essere stata defraudata da questa festa. Si è creata una distanza. Il muro delle transenne sembra insormontabile. Una chiusura netta. Qualcuno l’ha chiamata la festa della polizia. Durante alcune edizioni vi sono stati scontri tra gli assalitori e i poliziotti. Ma in quei casi la festa non ha più nessun ruolo. Sono altri i dissapori. Si prende a pretesto la festa per dar sfogo ai propri odi, da una parte e dall’altra. Non di meno è ciò che avviene in uno stadio. Gli scontri tra tifosi e poliziotti esulano totalmente dal calcio. È tutt’altro.
luminarie in piazza Vittorio Veneto
Sono le 23 e 20 e ancora il carro non ne vuole sapere di arrivare in piazza. Ha già fatto i consueti tre giri, rito propiziatorio, di buono augurio. Anzi, ne ha fatti di più. Non sono riuscito a contarli. Forse sette, forse nove. Li ha fatti, così come avviene ormai da qualche anno, in piazza San Francesco e non più, così come voleva la tradizione, nella piazza davanti alla duecentesca cattedrale. I lavori in corsi sono riusciti a cambiare un rito vecchio di centinaia di anni. 
Noto un altro cambiamento. Una modifica antropologica nella festa. La maggior parte della gente vuole immortalare ogni singolo momento, così come ho fatto io d'altronde, non più con macchine fotografiche (digitali o analogiche), ma con gli smartphone o i tablet. L'antica tradizione che si imbatte, si confonde, si mischia con la nuova tecnologia
smartphone e tablet in azione a piazza Vittorio Veneto

Alle 23 e 30, minuto più minuto meno, il carro fa il suo ingresso in piazza. L’adrenalina monta, anche per chi sta molto distante. È un fluido che prende tutta la piazza. Gli assalitori sono svelti. Si lanciano sul carro, superando le transenne. Si aggrappano con tutta la loro forza al carro. La prima statua è stata staccata. Conosco l’assalitore. Mariano, un ragazzo magro, con muscoli scattanti e tesi. Lui è un professionista dello “strazzo”, lo sanno tutti. Il carro viene smontato in pochissimi minuti. I più bravi, perché per strappare i pezzi c’è bisogno di bravura non di fortuna, si sono accaparrati statue intere, angioletti, ali d’angelo, lasciando che gli altri spolpassero la struttura.
Il carro è stato “strazzato” completamente. La catarsi collettiva è avvenuta. La festa si avvia alla conclusione.
In fila i poliziotti e i carabinieri se ne vanno. Attraversano la piazza. Spingono un po’ per farsi strada. Iniziano a spogliarsi dagli orpelli da antisommossa. Hanno gli occhi di tutti puntati addosso. Non sono occhi di ammirazione naturalmente; sono sguardi che trapelano fastidio. Con molta lentezza la piazza si svuota. Tra poco iniziano i fuochi d’artificio. Gli assalitori mostrano i loro trofei. Vanno via con volti pieni di appagamento.
gli assalitori sul carro
In mezzo alla gente improvvisamente si fa strada un’ambulanza. Non capisco bene cosa sia successo. Poi mi danno l’informazione giusta. Un ragazzo è caduto sotto il carro che gli ha spezzato entrambe le gambe con le pesanti ruote di ferro. Qualcuno mi dice che è normale, che capita. Anche l’anno scorso. Non sarà quell’eccesso di sicurezza a provocare questi incidenti?

La fine di tutto la vedo nella terrazza di casa di Zippo. Si sono riuniti un po’ di amici. È una bella consuetudine. Quasi un rito per noi. La casa di zippo sta nei sassi. Il suo terrazzo è uno dei luoghi migliori per ammirare i fuochi che vengono sparati dalla sommità della Murgia, il pianoro che sta di fronte la città. Mi ritrovo a fianco di Zippo e di sua figlia Gaia mentre il cielo viene macchiato dai fuochi colorati. Questa volta non sono i fuochi ad attirare totalmente la mia attenzione, ma lo sguardo estasiato della piccola Gaia. Per lei è la prima volta. Ne è ammirata. Mi chiedo cosa stia pensando. A volte si gira e mi guarda. Non ha pura dei botti.

E anche quest’anno il 2 Luglio si conclude. Il giorno più lungo di Matera finalmente finisce. Da domani aspetteremo il nuovo carro. 

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