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Matera come la Patagonia

I sassi, la Gravina, la Murgia: il connubio perfetto
In questi giorni due amici, Francesco e Simona, sono in viaggio in una delle terre più estreme e più sognate del mondo: la Patagonia. All’estremità del pensabile questa terra. Non la conosco, tranne che per quel piccolo libro di Sepúlveda. Non solo non la conosco, ma non so nemmeno immaginarla. So solo che quando si pensa ad una terra lontana, la Patagonia è un buon esempio. Però, a dirla tutta, anche la nostra terra è alla fine del mondo, basta solo invertire le parti e mettersi nei panni degli abitanti della Patagonia: per loro l’Italia è davvero lontana. Se poi pensiamo al nostro profondo sud, diventiamo ancora più estremi ai loro occhi. Che differenza c’è tra loro e noi? Il ghiaccio e il freddo contro i nostri territori spopolati e arsi dalla violenza di un sole caldo e umido. So di azzardare un po’. Sto facendo l’equilibrista sul filo di questo paragone. Ma si può trovare anche un fondo di verità.
In realtà, credo che qualsiasi parte del nostro mondo abbia qualcosa di estremo. Anche le città più conosciute e grandi e moderne sono estreme. È davvero difficile pensare New York, Tokyo o Mosca come città alla portata di tutti. Sono, senza dubbio, città estreme. Continuo nel mio azzardo, e affermo che anche Matera, questo piccolo brandello di terra, di roccia che diventa casa, è un minuscolo mondo alla fine del mondo. Qui tutto può finire, per poi ripartire. Oppure non arriva mai nulla. Si può rimanere invischiati in un’attesa estenuante, per qualcosa che non si è nemmeno in grado di immaginare. È un’attesa che non svilisce, ma che consola. Questa finis terrae di dialetto duro e consonantico, dove diventa importante il passeggio lungo il corso (lo struscio meridionale); quotidiana e importante questa pratica per intessere relazioni necessarie alla sopravvivenza, dove una stretta di mano è molto più importante di un documento scritto e bollato. Così funziona questa terra estrema. Ma credo che funzioni così anche in Patagonia. Il tempo in questa terra è lento. Qui il tempo che scorre non serve per riflettere, perché le riflessioni sono sempre le stesse. È un tempo fine a se stesso, che non ha altro scopo se non quello di scorrere. Le stagioni si alternano sempre alla stessa maniera. In estate si cerca di capire quale può essere il miglior modo si passare l’inverno, incolumi dalla noia. L’inverno, stagione di letargo forzato, giorno per giorno si sogna l’arrivo dell’estate. Sembra una pubblicità negativa, che nessuna pro loco utilizzerebbe. Ma questa è solo una superficie di luoghi comuni, facile da attraversare. Matera è da scartare come una caramella. E cosa si trova sotto questa pellicola che avvolge Matera? Un po’ di tutto. Capita allora di ritrovarti a bere birra mentre un tenore coreano canta un’aria della Cavalleria Rusticana. Ed facile ritrovarsi a conversare e ridere con uno scrittore-viaggiatore fiorentino o con un disegnatore di fumetti materano conosciuto in tutto il mondo. Matera è così. Varia, inaspettata e sonnolente. Non si può davvero mai sapere come si svolgerà la giornata. E anche quando sembra che ogni giorno sia un eterno giorno della marmotta, dove gesti e parole si ripetono identiche a se stesse, c’è sempre un dettaglio nuovo, qualcosa di inatteso. Non c’è davvero mai uno sconvolgimento radicale; tutto rimane sostanzialmente inalterato. Non si fa sorprendere mai. Riesce a trovare un’espressione giusta e composta per qualsiasi situazione. Mai che la si trovi con la bocca aperta. È forse questa la vera attrazione che ha portato qui molti viaggiatori e artisti,  che da semplici curiosi si trasformano in cronisti, in narratori. La raccontano con ogni mezzo a disposizione: che sia la penna (quella tecnologica della tastiera del computer, naturalmente), la foto, il video, il disegno, o il semplice e più antico mezzo di comunicazione: la parola. È una terra che appare poco alla volta. Vi sono angoli che riescono a rimanere nascosti alla vista, una mimetizzazione perfetta. Così bene integrata con il paesaggio, Matera si confonde con la Murgia, il pianoro sul quale è adagiata; e quasi sembra che scivoli verso il torrente Gravina.
Matera come la Patagonia? Naturalmente è solo un divertissement, niente di più. Mi piace pensare però di abitare in un luogo che possa far parte dell’immaginario comune. Una terra lontana e misteriosa, un mondo alla fine del mondo, ma più casalingo, più umano. Dove non si potranno mai ammirare improvvisi sbuffi di balene tra iceberg alla deriva, ma dove le meraviglie le rintracci e scovi tra le rocce scavate, tra le onde delle colline, in un coccio antico che raccogli mentre cammini, o nella semplice visione dei Sassi in una qualsiasi sera. E allora scopri che l’uomo e la natura un tempo lontano vivevano insieme.   

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