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Eeeccciù

Se in quei giorni a Fuzzirt soffiasse un vento da Sud o da Nord, non saprei dire, tanto velocemente i due venti cambiavano direzione, come se si divertissero a farlo per una loro personale burla.
Era facile vedere un cappello volare dalla testa di qualche sfortunato, seguirlo mentre fluttuava trasportato da una folata di vento proveniente da Sud, ed infine osservarlo  poggiarsi lentamente, accompagnato con leggerezza dal vento del Nord, sulla testa di qualcun altro.
La gente cercava di rincasare, ma con molta difficoltà.  I venti, contrastandosi, immobilizzavano le persone. Le strade si spopolarono, e i venti continuarono incessantemente la loro lotta.
La vecchia Gemma era convinta che il vento del Nord aveva fatto un torto a quello del Sud, e quello del Sud, arrabbiato come le bisce smemorate del bosco millenario quando non trovano la loro tana, lo aveva inseguito per più di cent’anni, fino a quando non lo incontrò proprio a Fuzzirt. In paese per molte settimane se ne videro delle belle, perché i due venti proprio non la volevano smettere: se il vento del Sud dava uno schiaffo di Scirocco, quello del Nord rispondeva con un pugno di Tramontana. La gente dopo qualche giorno iniziò a starnutire e a infilarsi a letto con febbroni da cavallo; alcuni anche con febbroni da muli, che sono ancora più fastidiosi, perché l’ammalato diventa anche testardo e non vuole prendere alcuna medicina.
Il Dottor Betolax 0,5 MM (discendente da una grande famiglia di dottori. Dottori in genere, cioè con tutte le specializzazioni mediche: chirurghi, allergologi, dentisti, cardiologi, ortopedici, pneumologi, ematologi, all’occorrenza veterinari e psicologi), aveva già fatto più di 500 km in tre giorni, prescrivendo più di 8000 scatole di antibiotici.
Ogni ora i contenitori della spazzatura del paese si riempivano di fazzolettini e scatole di medicine. Ogni giorno si contavano più di centomila starnuti. Una volta tutti i Fuzzirtiani starnutirono all’unisono, facendo sobbalzare contemporaneamente tutte le case del paese, persino i due Venti si placarono per qualche secondo, per poi ricominciare a darsene nuovamente di santa ragione.

«Dottore… ecciù… così però… ecciù… non si può… ecciù… andar avanti… ecciù… bisognerebbe… ecciù ecciù… fare qualcosa...» disse Bruz Politik, il sindaco di Fuzzirt.
Tra uno starnuto e un colpo di tosse cercava di bere una tazza di the, ma era più quello che versava sul suo panciotto che quello che ingurgitava. Dopo l’ennesimo starnuto, la tazza di the gli volò dalle mani uscendo dalla finestra, colpendo sulla testa un gatbarsotto che, guaendo e starnutendo, scappò via (il gatbarsotto è un gatto normalissimo nell’aspetto, uguale a centinaia di altri gatti, ma con l’unica caratteristica di essere perennemente alcolizzato e di stare sempre davanti la porta dei bar, aspettando che qualcuno gli dia un po’ di liquore. Infatti, questo si stava recando davanti al bar della piazza di Fuzzirt).
Bruz Politik si alzò sulle sue corte ed esili gambe, sforzandosi ancor di più, data la debolezza di quei giorni, di mettere in posizione eretta i suoi duecento chili di pancia. Era quasi riuscito ad alzarsi quando un altro starnuto lo fece barcollare. Iniziò a roteare le sue braccia, piccole come quelle di un bambino, cercando di mantenersi in equilibrio. Ogni sforzo fu però vano; improvvisamente cadde a pancia a terra e iniziò a rotolare per la stanza. Il dottor Betolax non sapeva come fermarlo. Ogni volta che era lì lì per afferrarlo, Politik con uno starnuto propulsore schizzava come un missile dall’altra parte della stanza. Questo carosello durò per qualche minuto, finché non arrivarono gli assistenti del sindaco, Più e Meno (Più era alto, magrissimo, con delle braccia esili e lunghe che gli scendevano fino ai polpacci, un volto affusolatissimo e i due incisivi superiori che gli uscivano fuori dalla bocca; Meno era un nanetto di un metro e dieci, ma abbastanza proporzionato).
«Più, mettiti in fondo alla stanza e stai pronto...» disse Meno, che intanto si era già avvicinato al sindaco cercando di rassicurarlo. Il sindaco sbraitava, mentre continuava a rotolare da una parte all’altra della stanza.
«Non si preoccupi sindaco... la aiutiamo noi... Più, sei pronto?»
Più rispose mugolando qualcosa. Divaricò le sue lunghe gambe, puntellandole alle pareti della stanza. Meno si avvicinò al sindaco e, appena Politik starnutì, gli diede una spinta fortissima. Il sindaco schizzo veloce come una palla da baseball verso Più che lo afferrò cingendolo con le braccia, e per non farselo scappare annodò le dita delle mani.
«Scusi dottore, ma ora devo sciogliere le dita di Più....» disse Meno.
«Così non possiamo... ecciù... più andare... ecciù... avaaaantiii... eccciiiiùùù…» continuava a ripetere il sindaco.
Con l’ultimo starnuto il binomio Bruz Politik-Più uscì dalla stanza rincorso da Meno. 

La disperazione ormai era l’unico sentimento dei fuzzirtiani. La città si fermò; nessuno poteva più lavorare. I contadini non sapevano più cosa coltivare o cosa raccogliere. Crescevano simultaneamente frutti invernali e frutti estivi e, dopo pochi secondi, i frutti morivano tutti.
La pazienza dei cittadini di Fuzzirt, anch’essa raffreddata e con un gran mal di testa, non aveva più pazienza.
Si decise, pertanto, di indire una riunione generale. Naturalmente sarebbero venuti soltanto coloro che erano in grado di parlare senza starnutire. Il sindaco non partecipò, ormai non riusciva più a parlare, era uno starnuto continuo, intervallato soltanto da qualche colpo di tosse.
Alla riunione parteciparono il dottore, che per costituzione genetica era immune a quasi tutte la malattie (“Un medico ammalato è un medico cattivo”: questo  era uno dei motti della Famiglia Betolax 0,5 MM), Nonna (la più anziana del paese, ex moglie di Nonno, il più anziano di Trizzuf. Non erano divorziati, semplicemente si erano entrambi dimenticati di essere sposati), Cornelius, Nonso (non era il suo vero nome, ma la frase che ripeteva sempre, soltanto questa), Ormaisonorassegnato con sua moglie Nonnepossopiù i quali, abituati ai continui raffreddori, febbri, diarree, morbilli e affini, dei loro cinque figli (Smettila, Staizitto, Monella, Maleducato, Orabasta!), ne erano quasi immuni.
La riunione fu organizzata nello studio del dottore, forse l’unico luogo di Fuzzirt dove non esisteva la minima presenza di batteri o microbi. Era lo studio di famiglia, da generazioni disinfettato, sterilizzato, fino nell’angolo più insignificante. Era una stanza costruita interamente in legno: il pavimento, il soffitto, le pareti, il tavolo che si trovava in fondo, il lettino per le visite, gli armadietti stracolmi di medicine e le due librerie zeppe di libri di ogni genere.
Non appena il dottore dichiarò aperta la riunione, si alzò un boato multiforme, una babele straordinaria di difficile comprensione. In quel marasma si intuiva, nonostante tutto, un unanime sottofondo polemico.
«Silenzio. Signori vi prego, un po’ di contegno...», la frase del dottore si diffuse nella stanza vaporizzandosi.
«Scusate... vi ho chiesto di calmarvi, parlerete uno alla volta...» L’esito fu il medesimo della frase precedente.
Il dottore era una persona pacifica, abituata a trattare con i malati e per questo, anzi per principio medico, non sapeva urlare.
«BAAASTAAAA!»
Anche l’aria si gelò. Ricominciare a respirare sembrava quasi un peccato mortale. Si abbassarono gli occhi; si deglutiva con silenzio, e si cercava di respirare senza emettere troppo rumore. Nonso trattenne il respiro per più di dieci minuti, poi non ce la fece più e svenne per un quarto d’ora. Il “basta” di Nonnepossopiù riuscì in ciò che il dottore sperava: un po’ di calma.
Ma quella raggiunta speranza si infranse subito: bastò un piccolo ed insignificante starnuto di Nonso per dar nuovamente anima al boato multiforme. Naturalmente tutti, in blocco, nello stesso momento, si scostarono da Nonso, isolandolo, lasciandolo al centro della stanza, quasi dovesse scontare una punizione scolastica.
Questa volta nemmeno un altro “basta” di Nonnepossopiù riuscì a calmare i presenti. Poi si sentì un altro starnuto, era Cornelius, che cercò quasi di nasconderlo. Anche Cornelius fu isolato. Poi ci fu quello di Ormaisorassegnato, accompagnato dai cinque colpi di tosse dei suoi figli e da uno sguardo di profondissima disperazione di Nonnepossopiù. Si sparse il panico e vennero assaltate le vetrine delle medicine.
La riunione fu sciolta tra starnuti e prescrizioni mediche. Il dottore riuscì a vendere tutte le medicine che aveva in casa, e qualcuno notò una sorta di strana soddisfazione nascere nell’angolo destro della bocca di Betolax. Prima che tutti lasciassero la stanza, il dottore disse di essere sicuro che quello strano fenomeno era spiegabile scientificamente, non vi era nessuna maledizione, come continuava a sostenere Nonna, la quale prima iniziò ad inveire, sputacchiando a terra, poi, dopo qualche secondo, guardandosi attorno, chiese cosa stessero facendo tutti là. Betolax sosteneva che si trattasse soltanto di uno stranissimo evento meteorologico che, per puro caso, si stata verificando a Fuzzirt.
Il dottore cercò in tutti i modi di dimostrare le sue tesi. Per due giorni tenne chiuso lo studio, seppellendosi nella sua biblioteca privata. Sulla porta dello studio si leggeva: “CHIUSO PER RICERCHE”. 
Dopo due giorni di intensi studi, Betolax presentò i risultati delle sue ricerche ai cittadini. Nessuno li capì. Sui cartelli che aveva appeso ai muri e alla porta della studio, vi era una formula matematica lunga 2,35 metri, una formula chimica che riempiva due fogli grandi quanto i panciotti del sindaco, e svariate tabelle grafiche multicolore. Anche la spiegazione del dottore non fu molto chiara – anch’io, in realtà non sarei in grado di riportarvi esattamente il discorso che, per più di due ore, il dottore tenne.
«Cari concittadini, so che è difficile capire.  Ma non riesco ad essere più chiaro di così. La scienza è scienza. Sappiate solo che il fenomeno sparirà, forse tra un mese o al massimo tra un anno. Ma per consolarvi ho applicato uno sconto del 50% su tutti i medicinali».
I giorni passavano sempre più raffreddati e la fila davanti allo studio di Betolax era sempre più lunga.

Un giorno il dottore arrivò nella piazza triangolare del paese con una auto sportiva. La gente iniziò a starnutire con sospetto.
I due venti non si placavano, anzi sembravano ancora più adirati tra di loro, e i cittadini di Fuzzirt non riuscivano più a uscire di casa.  

Cornelius quella notte non riusciva a dormire, fu svegliato da un suo stesso starnuto. Iniziò a passeggiare per casa ma non riusciva a riprendere sonno. Si preparò una tisana con le foglie della pianta dello sbadiglio, ma non sortì  alcun effetto.
Improvvisamente Cornelius captò qualcosa di strano nell’aria. C’era chiaramente qualcosa di anomalo. Mise il naso fuori dalla porta di casa: non c’era vento, tutto era quiete.
«Non c’è vento… allora aveva ragione il dottore…»
Uscì di casa e iniziò a godersi quella pace inaspettata.
Non più abituati alla calma notturna, i cittadini di Fuzzirt si svegliarono e udirono finalmente il dolce canto dell’uccello insonne, la ninnananna della cicala melomane (questa specie di cicala conosceva tutte le opere liriche, e ogni notte ne intonava una), e quasi non ci credevano.
I cinque figli di Nonepossopiù e Ormaisonorassegnato si fiondarono per strada ed iniziarono a scorazzare a destra e a sinistra, mentre i due genitori cercavano di afferrarli, ma il raffreddore li aveva troppo fiaccati, e allora giù a gridare come le lumache urlatrice del Deserto del Disgusto: «Smettila stai zitta, Monella smettila, Maleducato ora basta, Orabasta! smettila, Staizitto non fare il maleducato…»
Smettila iniziò a correre intorno a Nonso, il quale non sapeva cosa fare.
«Scusala Nonso», dissero  i due genitori.
«Tranquilli… non so… cosa faccio?»
«Puoi pure fermarla.»
«Non so… Smettila, fermati per favore», ma Smettila non si fece intimorire, «non so, va bene?»
Orabasta! e Maleducato bersagliavano con boccacce Cornelius.
Monella e Staizitto! iniziarono a bussare a tutte le porte del paese. 
Oramai tutto il paese era sveglio e starnutante. Si ritrovarono nella piazza triangolare, lì dove vi era il palazzo del sindaco, lo studio del dottore e la caserma della polizia.
Quando si resero conto che i venti non soffiavano più, smisero di starnutire e di tossire. Erano sbalorditi. Nessuno diceva niente. Tutto il paese era immerso in un silenzio inverosimile, uno di quei silenzi che si possono ascoltare solo nella Grotta Senza Eco. In quel silenzio anche i figli di Nonepossopiù si zittirono e andarono a rifugiarsi dietro le gambe della mamma, forse per paura, ma in realtà perché non erano più loro il centro dell’attenzione.
Spuntò anche il Sindaco accompagnato da Più e Meno. Il silenzio era quasi insopportabile, ma nessuno aveva il coraggio di interromperlo. Poi, uno squarcio, un tuono, un colpo di pistola:
«Mannaggia! Quasi ci riuscivo!»
Le teste si girarono come i pezzi di un unico ingranaggio, e con la stessa faccia a punto interrogativo. Quella frase proveniva da dietro lo studio del dottore, lì dove c’era la vecchia casa abbandonata del fantasma scomparso.
Lo trovarono proprio lì, riverso su quello strano strumento, tutto sudato, unto di grasso e con in mano un grosso cacciavite.
I raffreddori passarono, senza prendere nessuna medicina di Betolax, e il paese ricominciò a essere nuovamente vissuto.

…E ADESSO UNA SPIEGAZIONE…
Il dottore qualche mese prima si rese conto di non aver più soldi, o quanto meno, di non averne abbastanza. Ripeteva che in quel paese la gente si ammalava poco, che poche persone compravano medicine o si facevano visitare. Ma come fare? Non riusciva a trovare una soluzione. Poi un giorno, girovagando come ogni anno nel grande mercato di Trizzuf: “MERCE VERA, STRANA, FALSA, QUANTO MENO UN PO’ USATA”, trovò in una bancarella un po’ sudicia e scassata la macchina dei venti. Quello strano aggeggio non stava proprio in sintonia con gli altri oggetti né con chi li vendeva.
«Il venditore, o forse la venditrice, no, forse meglio il venditore… no credo la venditrice, beh o l’uno o l’altra, disse di chiamarsi Femmasch e di aver trovato quell’oggetto al ritorno da un suo viaggio nel Deserto del Disgusto», disse Betolax davanti al Sindaco (il quale in quell’occasione si era trasformato in giudice) e a tutti i suoi concittadini. «La macchina riusciva ad attirare i venti ed io volevo utilizzarla per poco… ma poi gli affari sono andati così bene…» 
Queste furono le ultime parole proferite dal dottore, o almeno le ultime parole senza uno starnuto o un colpo di tosse.

Trascrivo la sentenza del giudice:
Nell’anno 3856x(125-84):50, la corte di Fuzzirt, riunitasi presso il palazzo del Sindaco e presieduta dal Sindaco Bruz Politik, accusa il dottor Betolax 0,5 MM di aver manomesso la salute dei cittadini di Fuzzirt a scopi di lucro. Il colpevole viene, pertanto, condannato a scontare una pena pari a tanti giorni quanti sono stati gli starnuti a Fuzzirt, all’interno degli scantinati del Palazzo del Sindaco, dove verrà posizionata e attivata la macchina dei venti.
Così viene deciso…
Eeeeeccciùùùù

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